La violenza sulle donne è un mostro a tre teste, non ha colore o nazionalità, ma milioni di volti. Che sia di natura fisica o psicologica, è una brutalità che deve essere combattuta con coraggio e determinazione, ovunque nel mondo, per il bene di tutti. C'è una data, quella del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che celebra questa battaglia collettiva. L'impegno, però, deve essere quotidiano, finché non verrà eradicato qualsiasi istinto di prevaricazione e tentativo di sottomissione ai danni delle donne.

La storia di Amad è una storia simbolo di questa lotta universale. È il racconto di una bambina che ha visto la sua infanzia interrompersi bruscamente, rapita dalle mani avide e arroganti di un uomo che ha approfittato di lei. Aveva solo 13 anni quando è stata sequestrata al mercato, mentre faceva la spesa. L'abbiamo incontrata ad una riunione di donne e adolescenti a Wolayta, in Etiopia. Un gruppo di donne per le donne, nato anche grazie ad un progetto di Amref per la promozione della salute sessuale e riproduttiva e della pianificazione familiare, prerequisiti indispensabili per ridurre la mortalità materna e infantile e combattere la diffusione di patologie come HIV/AIDS.

Amad era seduta in seconda fila, nascosta nel folto gruppo di ragazze, eppure si è fatta notare, per il fare sicuro e per come si è presentata. Oggi ha più di 40 anni e racconta una storia che è un pugno allo stomaco. È stata costretta a sposare, quando era ancora bambina, l'uomo che l'ha rapita e violentata. Da lui ha avuto 4 figli. Per loro ha lottato, assicurandogli una normalità a cui lei ha dovuto rinunciare troppo presto. Oggi frequentano la scuola, si impegnano e fanno tutto ciò che la madre ha smesso di fare più o meno alla loro età.

Ha il viso contratto mentre parla, Amad, ma non abbassa mai lo sguardo. Fiera si erge tra le altre giovani ragazze, tutte un po' timide e impacciate mentre raccontano delle attività che svolgono in materia di educazione sessuale. Lei è madre, sorella, zia per tutte, le spinge a continuare gli studi, a denunciare le violenze subite.

Amad è anche tornata sui banchi di scuola, perché non vuole cedere ad un mondo che la concepisce solo come un "oggetto". Lei, che della violenza subita ha fatto un motivo di riscatto, vuole essere partecipe e attiva, lei vuole essere viva.

Mireth, operatrice di Amref, ci racconta che in questa zona le donne sono senza speranza. "HOPELESS", dice, succubi di un sistema sociale che le vuole relegate in casa e ignoranti. Ma qui le cose stanno cambiando e Amad, che due anni fa è entrata a far parte del progetto Asure Health, ne è la dimostrazione.

La violenza sulle donne è un mostro a tre teste, senza colore o nazionalità.

Ha il volto di Amad e di 650 milioni di donne e ragazze che nel mondo sono - o sono state - spose bambine, diventate mogli prima dei 18 anni.
La violenza sulle donne ha il volto di Amad e del 35% delle donne che in tutto il mondo hanno subito violenza fisica o sessuale, in un dato momento della loro vita.

Ha il volto di Amad e di almeno 200 milioni di donne che hanno subito la mutilazione genitale femminile, di milioni di ragazze e bambine costrette ad abbandonare gli studi o che patiscono atti di bullismo, solo per il fatto di essere femmine. Di milioni di donne a cui viene impedito di realizzarsi come esseri umani.

Lo sguardo di Amad è lo sguardo fiero di centinaia, migliaia, milioni di donne, che nonostante tutto si sono rialzate e più forti che mai lottano ogni giorno per un futuro diverso per le bambine di oggi, donne di domani.