Il modo in cui si racconta un continente può alimentare pregiudizi, distanza, paura. Oppure può costruire ponti di conoscenza, rispetto, collaborazione, sviluppo.
È da questa consapevolezza – la stessa che ispira da sempre la missione di Amref – che nasce L’Africa Mediata, il dossier che dal 2019 realizziamo ogni anno insieme all’Osservatorio di Pavia per analizzare quanto e come l’Africa viene rappresentata nel panorama dell’informazione italiana, con l’obiettivo di promuovere una narrazione il più possibile ampia, corretta e inclusiva.
L'Africa MEDIAta: i numeri principali
In sei edizioni abbiamo osservato l’evoluzione – lenta, discontinua, ma in alcuni casi significativa – della copertura mediatica dedicata al continente.
L’ultimo anno preso in esame, il 2024, ha tuttavia registrato un netto ridimensionamento dell’attenzione: nella sola carta stampata i titoli rilevati sono diminuiti del 50%, con una contrazione altrettanto decisa di notizie ambientate in Africa e svincolate da interessi italiani, europei o più in generale occidentali.
Dalla narrazione alla percezione
Non è un caso che a una fotografia ancora profondamente sbilanciata nei media – con un’Africa narrata quasi esclusivamente attraverso la lente dell’emergenza, della povertà, del conflitto - corrisponda un immaginario collettivo altrettanto parziale e limitato, in cui il continente evoca soprattutto parole come “fame”, “carestia”, “disoccupazione”, “corruzione”, “terrorismo”.
L'immaginario degli italiani

In base all’indagine IPSOS commissionata da Amref a caratterizzare l’immagine dell’Africa sono soprattutto la povertà, le malattie e l’immigrazione.
A questa triade predominante si possono aggiungere per affinità diverse altre voci della lista che rinviano a un’immagine drammatica: carestia, sovrappopolazione, guerra, disoccupazione, corruzione, terrorismo.
Insomma, ritroviamo qui la ben nota immagine apocalittica di una “Africa senza speranza” che le nostre indagini hanno rilevato nei media, e che Amref da tempo cerca di contrastare.
Buone e cattive pratiche
Nell'edizione di quest'anno abbiamo voluto dedicare un approfondimento su alcuni casi di studio che, nell’ambito della narrazione sull’Africa, permettono di esemplificare le principali criticità e di presentare le narrazioni più corrette o innovative.
Concentrazione sui migranti e sguardo italo-centricoo
Nella maggior parte delle notizie analizzate non sono affatto le realtà africane il focus principale dell’attenzione, bensì gli interessi italiani, europei, occidentali in Africa.
Quest’ultima si riduce a semplice scenario di eventi contingenti di varia natura, ma connotati da forte autoreferenzialità.
- Cosa non fare Alla fine di gennaio 2024 si è svolto a Roma il Vertice Italia-Africa, alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni europee e di 46 Stati africani, durante il quale la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha illustrato gli elementi di fondo del Piano Mattei per l’Africa. Un confronto tra i notiziari del prime time delle sette reti generaliste nazionali il 29 gennaio (data di apertura del vertice) ha messo in luce approcci diversi di copertura, ma accomunati da un denominatore comune: il baricentro posto sulle istituzioni italiane ed europee e sulle ripercussioni dell’evento nel dibattito politico interno, e la marginalità dei rappresentanti dei Paesi africani, ritratti in un ruolo essenzialmente passivo, mentre in realtà avrebbero dovuto essere i co-protagonisti dell’evento.
- Cosa fare In questo contesto, va segnalato come buona pratica un servizio che, dopo la cronaca del vertice, ha cercato di contestualizzarlo rispetto agli attuali scenari africani. Nel farlo, è riuscito a restituire un ritratto dell’Africa contemporanea che presenta una certa complessità e connotati non banali di dinamismo, di cambiamento, di diversità, di potenzialità economiche e sociali.
Toni allarmistici
C’è un allarmismo che sembra autoalimentarsi di continuo nel discorso mediatico quando si parla di Africa: emergenza immigrazione, allarme criminalità, allarme terrorismo, emergenza sanitaria, allarme sociale.
- Cosa non fare A dicembre 2024 si diffonde nei media un allarme sanitario per un nuovo misterioso virus, di cui non si conoscono le cause e le modalità di contagio, nella provincia di Kwango nella Repubblica Democratica del Congo. Alcuni tg affrontano la questione seguendo lo schema seguente: 1) diffusione/amplificazione dell’allarme, 2) rassicurazioni sulle misure prese dal governo italiano per una sorveglianza attiva agli uffici di frontiera; 3) pareri di medici italiani interpellati sulla possibilità che il virus arrivi in Italia.
- Cosa fare Una buona pratica è stata osservata in un tg che ricombina, e per certi aspetti ribalta, i fattori della narrazione: ridimensiona l’allarme in Italia e in Europa ma, grazie alle parole di una giovane laureata in medicina che lavora come volontaria in Congo, sposta il focus dell’attenzione sulla difficile situazione sanitaria nel Paese africano.
Toni negativi
Alcune tendenze nell’informazione italiana continuano a proporre un racconto negativo dell’Africa e degli africani.
- Cosa non fare Il servizio di un tg evoca la decisione delle autorità della Namibia di abbattere centinaia di animali selvatici per distribuirne la carne tra la popolazione e, nel caso degli elefanti, anche per ridurne la pressione sui villaggi già duramente provati da siccità e carestia. In questo servizio la grave crisi alimentare delle popolazioni locali, che ha determinato la decisione, è trattata in maniera “accessoria” rispetto al focus principale, ossia la tutela della fauna selvatica.
- Cosa fare In occasione di un contrasto fra il presidente del Botswana e la ministra tedesca dell’ambiente sulla caccia agli elefanti, le molteplici misure (non solo venatorie) adottate dal Paese africano per far fronte al sovrannumero di questi animali sono articolate con chiarezza, e anche confrontate con formule di segno diverso messe in atto da altri Paesi africani come la Nigeria e il Kenya.
Il volto positivo dell’Africa
Il volto positivo dell’Africa fatica a farsi strada nell’informazione.
La questione non è banale. Da un lato, non si può certo rimproverare all’informazione di rendere conto dei numerosi drammi che attraversano il continente africano, né si può aspettarsi un artificioso equilibrio tra notizie che dipingono scenari dolorosi e scenari luminosi.
È necessario però essere consapevoli che reiterare certe rappresentazioni, sia pure singolarmente aderenti alla realtà, e trascurarne sistematicamente altre contribuisce a generare o alimentare immagini distorte, non perché necessariamente false, ma perché parziali, limitate a pochi aspetti della realtà.
Di seguito un elenco di alcuni esempi in controtendenza che raccontano un modo diverso di fare informazione.
- Nei tg Un servizio dedicato alla prima edizione della Tangeri Fashion Week fotografa un settore prestigioso e dinamico dell’economia marocchina, quello dell’alta moda. Il Paese nordafricano emerge non come semplice fonte di ispirazione estetica per gli stilisti occidentali, ma come protagonista dello stile contemporaneo e sede di un evento che attira talenti da tutto il mondo.
- Nei programmi di approfondimento Una rubrica giornalistica in onda in tarda serata ha dedicato ampio spazio in una sua puntata a una realtà ben poco visibile nell’informazione: la guerra civile in Sudan, in corso dall’aprile 2023. Prima, in un reportage, il conflitto è raccontato attraverso la prospettiva (insolita in questi casi) di tre donne; inoltre, di queste donne non si ritrae tanto la condizione di vittime del conflitto, quanto le scelte fatte per sottrarsi a tale condizione. Al servizio segue l’intervista a una giornalista sudanese della diaspora, autrice del libro Storia africana dell’Africa, che approfondisce vari aspetti del conflitto.
- Nei programmi di viaggi Un documentario all’interno di un popolare programma di viaggi visita una comunità colpita dalla siccità nel delta dell’Okavango in Botswana. Tutta l’impresa si svolge con i toni allegri e scanzonati di una festa di villaggio, ma lascia comunque emergere la consapevolezza e l’impegno delle comunità locali per la tutela del loro fiume, reso fragile dalla siccità. Aspetto non secondario, il filmato a modo suo contribuisce ad accorciare le distanze tra “noi” e “loro”, mostrando ciò che ci unisce anziché ciò che ci divide.
- Nei programmi di divulgazione scientifica Una puntata particolarmente ricca di spunti documenta dapprima un progetto dell’Università di Dar es-Salaam per lo sviluppo di tecnologie spaziali applicate alla protezione dell’ambiente e della fauna in Tanzania.
- Nei programmi di inchiesta Un noto programma di inchiesta approfondisce i problemi dell’industria della fast fashion e il suo impatto in Africa. Il reportage affronta il problema senza trascurarne la complessità, e per questo punta l’obiettivo sulle varie prospettive in gioco. Molti sono i punti forti di questo reportage, in parte condivisi con gli altri programmi già segnalati: i contenuti interessanti, l’approfondimento, la capacità di ritrarre situazioni complesse che non hanno soluzioni facili, ma di mostrare al contempo le risposte virtuose che emergono dalla società.