Iolanda Procida, insegnante presso la Scuola dell'Infanzia del Primo Istituto Comprensivo di Cassino, racconta il lavoro svolto dai bambini sul racconto Sama e Timo, di Miriam Dubini, spiega la didattica a distanza ed esprime le sue preoccupazioni riguardanti lo sviluppo di Covid-19 nel continente africano.

In cosa consiste il progetto basato sul racconto di Sama e Timo?

Abbiamo creato un libro digitale con una rivisitazione del libro Il Viaggio di Sama e Timo, di Miriam Dubini. È una storia interattiva raccontata con le voci dei bambini, e attraverso i loro disegni. Siamo partiti dagli spunti dell'Unità didattica dedicata al testo del programma A Scuola con Amref. Tri vari libri proposti, abbiamo reputato questo il più indicato per i più piccoli, perché racconta con delicatezza il fenomeno della migrazione. Abbiamo quindi deciso di raccontare, come se fosse una storia a puntate, la storia di questo gattino e della padroncina che lo porta con sé. I bambini l'hanno poi raccontata a casa, a parole loro, e in questo modo anche i genitori si sono appassionati.
(Il lavoro può essere trovato qui: La rivisitazione del libro "Il viaggio di Sama e Timo", di Miriam Dubini.)

Come è nata l'idea?

Io e la mia collega Graziella Fiorito l'anno scorso siamo andate in Africa con Amref grazie a un concorso per il progetto Out of the Street, finalizzato al recupero dei ragazzi di strada, dei bambini e degli adolescenti vulnerabili. Con i nostri bambini della scuola dell'infanzia abbiamo vinto il concorso e così Amref ci ha fatto conoscere l'Africa. Dopo questa esperienza abbiamo abbracciato l'ideologia di Amref. Se io e Graziella Fiorito siamo state in Africa è grazie anche alla nostra collega Corso Savia Maria, che in nostra assenza è stata ponte tra i bimbi e la nostra esperienza. Raccontava giorno per giorno le nostre avventure ai bimbi e, senza la sua disponibilità, non saremmo potute partire, lasciando la sezione per una settimana.

Come hanno risposto i bambini?

In modo eccezionale. Loro conoscono benissimo le situazioni di disagio in cui vivono i loro compagni africani, sia per le foto che abbiamo mandato ai loro genitori durante il nostro viaggio, sia perché sono venuti rappresentanti di Amref a parlare a scuola. Abbiamo anche raccolto i soldi per la costruzione di un pozzo in Kenya e abbiamo adottato un bambino in una scuola in Kenya. I bambini sono molto sensibili a questa tematica e ogni mese danno un soldino per Vincent, il bambino adottato a distanza, rinunciando all'acquisto della loro merenda. Ma lo fanno con passione, quando arriva la mattina del giorno stabilito sono felici. Ogni tanto ci portano i loro salvadanai o magari spicci da 1, 2 e 5 centesimi, per fare la differenza. Per loro è quindi stato facile approcciarsi con questo libro e con questo racconto. Forse è l'attività che in questo periodo hanno gradito di più.

Il fatto che il racconto prenda spunto da un episodio di cronaca realmente accaduto, è stato per i bambini fonte di curiosità o di disagio?

Ha suscitato curiosità, nessun disagio. Ha aiutato anche il fatto che noi abitiamo a Cassino, una città che durante la Seconda Guerra Mondiale è stata rasa al suolo. Quindi quando raccontavamo che Sama era dovuta scappare dalle bombe, loro spesso chiedevano se era una guerra come quella che vissuta dai loro nonni. Gli abbiamo fatto vedere dei video degli sbarchi a Lampedusa e abbiamo ripercorso tutto il tragitto che ha fatto Sama fino in Germania, facendo vedere che lungo il percorso c'è anche l'Italia, e che quindi era passata vicino a noi. I bambini sono delle spugne, gli si può proporre qualsiasi argomento, però con i mezzi giusti e nella maniera appropriata per l'età.

Quanti bambini hanno partecipato?

Hanno partecipato 24 bambini. 3, 4 e 5 anni. Hanno aderito altre classi ma ognuno sviluppa il progetto a modo suo.

Il progetto è stato fatto a distanza o in classe?

Abbiamo fatto tutti i disegni quando la scuola era ancora aperta, e anche le registrazioni, poi io ho portato tutto il materiale a casa e l'ho montato. Una volta pubblicato l'ho mandato ai genitori, e i bambini mi hanno risposto con video e messaggi audio. Erano felicissimi. Noi gli avevamo detto quale sarebbe stato il lavoro finale, ma non lo potevano immaginare.

C'è un aneddoto particolare che le è rimasto impresso durante la realizzazione del libro?

Una mattina ho raccontato che Sama era andata a comprare la casetta di stoffa per il gattino e nel pomeriggio alcune bimbe si sono messe sotto i grembiuli dei peluche, e tenevano la casetta tra le due gambe per vedere se qualcuno se ne sarebbe accorto. Come Sama. Da queste piccole cose capiamo se il bambino ha recepito, ha capito, se si è messo nei panni dei protagonisti. Molti simulavano, su bambole, la rianimazione, il massaggio cardiaco, la respirazione bocca a bocca, quando ho raccontato che Sama stava per annegare in mare.

Sama e Timo è stato scelto da Amref per celebrare i suoi 60 anni di attività. Cosa ne pensa di questa scelta?

Miriam Dubini se lo merita. Questo libro mi è piaciuto perché fa capire e racconta, con delicatezza e semplicità, il fenomeno della migrazione ai più piccoli. Usa parole semplici, ma fa ragionare sulle difficoltà che queste persone incontrano, e sul dover lasciare tutto per cercare un futuro. Penso sia stata un'ottima scelta.

Come sta andando l'insegnamento a distanza?

Ci siamo divise, noi insegnanti, gli argomenti. Produciamo giorno per giorno video, tutorial, storie o canzoni, che poi vengono caricati sul sito scolastico. Abbiamo creato un gruppo che abbiamo chiamato ci mancate, dove ogni giorno ci mandiamo messaggi, attività, la poesia per la Festa del Papà, ecc. L'attività continua e il contatto con i bimbi anche.

Questa situazione inusuale, che clima provoca tra mamme e bambini / tra i bambini e la didattica?

Noi abbiamo il bisogno vitale di continuare ad avere un contatto con i bambini. E loro anche. Io ho chiesto loro di fare dei disegni che mi mandano man mano per e-mail, tramite i genitori, e poi stiamo facendo un cartellone di buon augurio con scritto tutto andrà bene. Il non potersi vedere per i bambini è una sensazione tremenda. A quest'età i bambini hanno molto bisogno di un rapporto fisico, con gli insegnanti ma anche tra di loro. E questo manca a loro e anche a noi. Si fa quel che si può per ovviare a questa situazione. Capita a tutti, durante l'anno, in situazioni normali, di dire stamattina proprio non voglio andare a scuola. Adesso non so cosa darei per tornarci domani mattina.

Quando ha conosciuto Amref?

Io seguo Amref da molti anni. Mi piaceva tantissimo la pubblicità di Giobbe Covatta Basta poco che ce vò. Quando io e la mia collega abbiamo visto il progetto di Dagoretti, abbiamo pensato che potesse essere una bella opportunità per aprire la mente ai nostri bimbi e ai loro genitori verso le diversità. È importante seminare umanità.

Cosa le è rimasto dell'esperienza in Kenya?

Gli sguardi i sorrisi dei bambini. Uno si aspetta una situazione di disagio accompagnata dalla tristezza, e invece no. Tanta gioia. Hanno poco e apprezzano tutto. Non chiedono niente se non il necessario. Un'esperienza significativa. La cosa che più mi ha lasciato senza parole è stato Kibera. Mi si è stretto il cuore. Ho visto persone vivere in condizioni disumane. L'esperienza più forte della mia vita. E parlo anche per la mia collega. Poi ci ha fatto piacere conoscere i ragazzi di Amref, meravigliosi.

In relazione al Coronavirus, ha paura per l'Africa?

Se noi qui stiamo vivendo con paura e preoccupazione questo periodo, e se con tutti gli ospedali che abbiamo non riusciamo a far fronte a questa emergenza, non oso immaginare cosa accadrà in Africa. Sono terrorizzata da questo. Noi qui, bene o male, possiamo farcela, lì sarà una tragedia. Non avendo nemmeno il necessario per curare le più semplici patologie, spero che si riuscirà ad ovviare in qualche modo. Il continente è enorme e le condizioni igienico sanitarie tremende. Noi siamo in ginocchio, ma riusciremo ad alzarsi, per loro sarà molto più difficile. La situazione mi rende triste.

Un collage del team della sezione 1A. In alto a sinistra Iolanda Procida, alla sua destra Corso Savia Maria, in basso a sinistra Graziella Fiorito, e alla sua destra Valentina Colletta.