“Per tanto tempo ho pensato che la mia condizione mi rendesse più debole. Ero disperata, non credevo di poter essere nient’altro. Poi ho iniziato a rendermi conto che è questa la mia forza”.

Talaso Gababa fa parte di una comunità pastorale del Kenya. Negli ultimi tre anni ha lavorato con Amref per contrastare la mutilazione genitale femminile e i matrimoni precoci e forzati. 

Anche lei ha subito la mutilazione genitale. Aveva solo sei anni.

“Nella mia comunità il ‘taglio’ è considerato un importante rito di passaggio. Quando una ragazza è ‘tagliata’ la voce si sparge di villaggio in villaggio, e gli uomini portano alla famiglia doni in cambio della sua mano”.

Nonostante siano ormai passati più di vent’anni da quel trauma, per Talaso è una ferita ancora aperta: “Credo che sia stato l’episodio più traumatizzante della mia vita. Non lo dimenticherò mai”.

Un trauma che Talaso è riuscita a trasformare in una forza incredibile.

“Nel mio lavoro ho sempre in mente le mie ragazze. Farei di tutto per loro. La mia più grande felicità è vederle inseguire i loro sogni. Per questo ogni giorno incontro leader e membri della comunità. Insieme possiamo costruire un dialogo tra generazioni. Organizziamo incontri tra madri e figlie per far emergere le paure, le sofferenze e le difficoltà che questa pratica genera. Di recente abbiamo passato sette giorni nel deserto con alcuni dei più anziani capi della comunità. Dopo tante discussioni, sono contenta che abbiano deciso di unirsi alla nostra lotta. È stata un’emozione unica, ma la strada è ancora lunga”.

La pratica della mutilazione genitale femminile, insieme ai matrimoni precoci e forzati, appartiene a tradizioni secolari. In particolare, sono i più anziani ad opporsi al cambiamento. Si tratta di un lavoro difficile, lungo, che richiede comprensione reciproca, ma che con il Covid-19 ha dovuto superare nuove difficoltà.

“Il Covid ha avuto un impatto devastante sul mio lavoro”, spiega Talaso. “In meno di tre mesi sono stati cancellati più di tre anni di incontri, informazioni, attività. La chiusura delle scuole, in particolare, è stata drammatica. Prima del Covid-19, la scuola rappresentava come una rete di protezione per le ragazze. Oggi, con le scuole chiuse, questo importante argine è venuto meno”.