(Nairobi)- Quando la vice direttrice Rose Kogai entra al Centro di Accoglienza, Valutazione e Classificazione di Getathuru, alla periferia di Nairobi, la prima immagine è quella dei ragazzi in fila che si lavano le mani. Sapone, acqua corrente, una routine che tre anni fa semplicemente non esisteva. L’igiene nei centri per minori in conflitto con la legge in Kenya era un lusso; oggi è il segno che qualcosa si muove dentro il sistema di giustizia minorile del Paese. Secondo l’ultimo rapporto nazionale sull’amministrazione della giustizia (National Council on the Administration of Justice NCAJ Annual Report 2024-2025), nel solo anno 2024/25 il Dipartimento per i Servizi all’Infanzia ha registrato 177.482 casi che coinvolgono minori autori di reato, ma meno della metà è stata risolta, e 3.640 bambini sono stati ammessi nelle istituzioni statali – case di custodia cautelare per minori, centri di accoglienza e scuole di riabilitazione. Getathuru è un centro nazionale che lavora con i tribunali per valutare i minori dopo la sentenza. «Riceviamo ragazzi da tutto il Kenya, li teniamo per tre mesi, valutiamo, classifichiamo e poi vengono trasferiti», racconta Kogai. «Arrivano con storie diversissime, quasi tutte segnate da esclusione e violenza».

Il progetto RISE (Rafforzare Inclusione, Salute ed Educazione a supporto di minori e giovani vulnerabili e in conflitto con la legge), finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e guidato da Fondazione L’Albero della Vita ETS come capofila in partnership con Amref Health Africa, mira a garantire equo accesso e pari opportunità di sviluppo, educazione e inclusione socio-lavorativa per minori e giovani vulnerabili e in conflitto con la legge. Nato nel 2022, si inserisce in una fase di profondi cambiamenti strutturali nel Paese: la riforma del sistema educativo, la riforma della cura dei minori (Care Reform) e l’introduzione di un approccio più inclusivo alla giustizia minorile (Children Act), attraverso la giustizia riparativa e i metodi di risoluzione alternativa delle controversie.

Prima dell’avvio di RISE, percorsi educativi deboli e obsoleti, infrastrutture inadeguate, chiusura del mondo del lavoro, mancanza di consapevolezza e di servizi sulla salute sessuale e riproduttiva rappresentavano ostacoli strutturali che impedivano ai minori e ai giovani più vulnerabili di interrompere un circolo di povertà e vulnerabilità, colpendo in particolare le ragazze e i minori con disabilità. Il progetto propone un approccio integrato articolato in tre componenti chiave: educazione inclusiva e istituzioni rafforzate, inclusione socio-lavorativa, salute sessuale e riproduttiva.

In questo quadro, RISE è entrato negli spazi come Getathuru partendo dalle basi – acqua, igiene, salute – ma con uno sguardo molto più ampio: non solo “aggiustare” le strutture che ospitano questi minori, ma cambiare come loro stessi vengono accompagnati, dentro e fuori il sistema. In 13 istituzioni della giustizia minorile sono stati installati 16 punti permanenti per il lavaggio delle mani e grandi serbatoi d’acqua; operatrici e operatori sono formati per il trattamento dell’acqua, la disinfestazione e la promozione dell’igiene, perché dignità e salute non siano negoziabili nemmeno per chi è sotto misura detentiva.

Kogai e il suo team hanno ricevuto anche formazione specifica sulla salute mentale e sul supporto psicosociale: le sessioni, da trimestrali, sono diventate mensili. «Lavorare con questi bambini non è semplice», spiega. «La formazione ci ha dato strumenti per capire che cosa non ha funzionato nelle loro vite e come aiutarli. Rende il nostro lavoro più efficace e migliore per i bambini». In collaborazione con i servizi sanitari delle contee e con giovani leader – spesso ex utenti del sistema – i ragazzi vengono indirizzati a servizi per il trattamento dei traumi, alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e al supporto contro la violenza sessuale e di genere.

Rose Kogai

L’inclusione passa anche dai dettagli: kit per la dignità personale differenziati per ragazze e ragazzi, con prodotti per l’igiene, biancheria, sapone e materiali per la gestione del ciclo mestruale; informazioni sanitarie adattate all’età; operatori dell’infanzia formati sulla legge keniota per l’infanzia (nota come Children Act) e sulle procedure di tutela. Nei Gruppi Tecnici di Lavoro di Contea, ministeri, servizi sociali, polizia, sanità, scuola e rappresentanti dei giovani siedono allo stesso tavolo per integrare queste priorità nei piani annuali. I numeri raccontano la portata del cambiamento: 8.413 adolescenti all’interno del sistema di giustizia del Kenya sono stati raggiunti con educazione alla salute sessuale e riproduttiva, assistenza per la salute mentale, formazione sulle competenze per la vita e supporto psicosociale; 3.617 giovani hanno oggi accesso affidabile a strutture per il lavaggio delle mani e 12.000 kit per l’igiene e la dignità personale sono stati distribuiti nei centri di custodia cautelare e riabilitazione.

Al Centro di custodia cautelare per minori di Nairobi, questo approccio multidisciplinare prende corpo nel lavoro quotidiano dell’insegnante Peninah Mwaura. La maggior parte dei ragazzi che incontra resta solo poche settimane. «Alcuni arrivano il lunedì e se ne vanno prima delle vacanze successive», racconta. «Non c’è tempo da perdere». Mwaura è insegnante di professione, ma grazie a RISE è anche un punto di riferimento psicologico ed educativo per i minori in conflitto con la legge. «Considero questo posto una scuola speciale, un centro di apprendimento e di riabilitazione», spiega. «Molti bambini hanno vissuto traumi profondi. Prima che possano davvero concentrarsi in classe, c’è bisogno di counseling e di supporto psicosociale: solo allora l’apprendimento può cominciare». Il punto di partenza non è il programma, ma la persona: autoaccettazione, valore di sé, relazioni, fiducia. «Li rassicuriamo che sono bambini, che quello che stanno vivendo non è la fine», aggiunge. «Lavoriamo sull’autostima e costruiamo un rapporto, un giorno alla volta».

Qui si vede chiaramente la natura integrata del progetto. Sul fronte educativo, RISE si allinea al curriculum keniota basato sulle competenze e lo rende concreto: un laboratorio di Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica (laboratorio STEM) – un’aula attrezzata per esperienze pratiche in questi ambiti – trasforma le lezioni in scoperta; le attività manuali come l’intreccio di stuoie, le perline, i giochi tengono occupate le mani e permettono alla mente di respirare. Sul fronte sanitario e sociale, operatori comunitari formati e cinquanta giovani leader tra pari, ragazzi e ragazze che guidano i coetanei e affrontano temi difficili con un linguaggio vicino, facilitano sessioni mensili di supporto psicosociale e di educazione alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi insieme agli operatori sanitari. Anche gli strumenti digitali fanno parte del quadro: una connessione a internet e l’uso di computer rendono più efficiente la gestione dei casi e aprono nuove possibilità di apprendimento.

L’insegnamento di Mwaura è il punto d’incrocio di tutte queste dimensioni. «Il mio lavoro è centrato su ciascun ragazzo», dice. «Se un bambino mi dice: “Voglio diventare medico” o ingegnere, io lo accompagno in quella direzione, porto esempi, video, storie, così l’interesse cresce». In parallelo, il progetto lavora con le famiglie e i servizi per fare in modo che il reinserimento non sia improvvisato: prima del rientro, si organizzano verifiche sul contesto familiare e riunioni di confronto con la famiglia e gli attori coinvolti, perché il sostegno non si fermi alla porta del centro e l’istruzione possa continuare. Così la giustizia minorile, in Kenya, smette di essere solo punizione e prova a diventare accompagnamento. «Alcuni dei ragazzi che sono passati da qui oggi studiano all’università. Altri lavorano, altri ancora hanno messo in piedi una piccola attività», racconta Kogai. «Sapere che il loro futuro non si è fermato a quel momento di conflitto con la legge è ciò che mi motiva ogni giorno».