Sguardo timido ma luminoso, un sorriso spiazzante.

Si aggira per il Children Village di Amref, il centro per il recupero dei bambini di strada del sobborgo di Dagoretti, leggera come una libellula.

È Cinthia, ha 14 anni e lunghi cappelli, una cascata di treccine. Non si direbbe che solo fino a qualche mese fa viveva in strada, come i tanti, troppi, suoi coetanei alle prese con la sopravvivenza quotidiana, nelle baraccopoli di Nairobi.

Due sogni nel cassetto: diventare medico o ballerina

Cinthia, una bambina che ha dovuto imparare molto presto quanto può essere dura la vita, è finita in strada perché sua madre, unico genitore presente, non poteva permettersi di mandarla a scuola, troppo povera per pagare la retta e per comprare i libri scolastici e degli abiti decenti. Cinthia, come tanti bambini, non è ancora certa di cosa sarà del suo futuro, ma conserva due sogni nel cassetto: diventare un medico o una ballerina.

Racconta di voler curare chi è malato, ma custodisce allo stesso tempo il desiderio di iscriversi ad una scuola di danza professionale e calcare grandi palcoscenici.

La mattina in cui la incontriamo, la sua migliore amica non si è presentata al Children Village. Quando ce lo racconta un velo di malinconia le offusca lo sguardo. Ne ha tanti di amici ancora sulla strada e si augura per loro che decidano di entrare a far parte del progetto di Amref. A lei, dice, ha cambiato la vita.

Perché non passa più le sue giornate ai bordi di una strada, ma riceve una colazione al mattino e poi il pranzo, trascorre il tempo in un luogo protetto, dove può giocare, o danzare ed essere semplicemente una bambina.
Perché quando sei abbandonato a te stesso, impegnato a non soccombere alla miseria, giorno dopo giorno, perdi la tua infanzia tra un cumulo di rifiuti e una bottiglia di colla da sniffare per non sentire i morsi della fame.

Migliaia di bambini dall'infanzia perduta

Nella metropoli di Nairobi si contano oltre 65.000 bambini di strada. Di questi, bambini dall'infanzia perduta, circa 34.000 abitano nella Contea di Dagoretti. Morris, operatore di Amref, tende loro una mano, per aiutarli a ritrovarla. Di norma li incontro quando iniziano a svegliarsi, oppure la sera, quando preparano i giacigli per la notte, racconta Morris La zona del mercato è quella che preferiscono, perché poi possono dedicarsi alle loro attività. Attività indispensabili a tirare avanti e a mettere qualcosa sotto i denti: la ricerca di metalli o altri materiali da rivendere, ma pure qualche furto.

Sono sporchi, tanto, hanno scarpe rotte e abiti cenciosi, molti sono infagottati in cappotti di due, tre taglie più grandi. Sotto, nascosto all'altezza del cuore, custodiscono il loro tesoro, bottiglie magiche che regalano momenti di oblio. Da queste prendono continuamente profonde boccate. Ad ogni aspirata, si allontanano di più da quella strada fetida in cui si trovano, gli occhi annebbiati raccontano di un viaggio in cui non c'è miseria, né fame. Colla, solventi, vernici, qualunque cosa chimica va bene, per un bambino di 9 anni costretto a vivere in strada, abusato in tutte le maniere in cui può essere violentato un essere umano, emotivamente, socialmente, fisicamente.

Morris: restituire l'infanzia ai bambini è una vittoria per la società

Le storie di questi ragazzi sono le più disparate, ognuno ha il suo personale dramma alle spalle, si sono ritrovati sull'orlo di un baratro e sono caduti giù senza una rete di protezione a parare il colpo. Amref lancia loro una cima, è questo che fa Morris chiacchierando con i bambini, portandoli a fare colazione, invitandoli a recarsi al centro creato per loro, per proteggere i loro diritti, restituirgli dignità, sostenerli e offrirgli prospettive diverse.

Tende loro una mano, mentre tutto il resto del mondo fa finta di non vederli o li respinge, nello stesso modo in cui si allontana un cane rognoso. È così che iniziano un percorso basato sul Metodo delle 4R (recupero, riabilitazione, ri-socializzazione e reinserimento), che punta a reintegrare i bambini nella società, grazie ad un mix di sport, attività creative, supporto sanitario e psicologico.

A volte il mio mestiere è rischioso, confessa Morris, La violenza sulla strada è molto comune e tanti ragazzi non sono affatto contenti di vederci arrivare, non vogliono essere disturbati e reagiscono in modo aggressivo. Spesso ci sono spacciatori e delinquenti nei posti che frequentano. Ma io amo il mio lavoro, perché quando riesco a produrre un cambiamento anche in un solo bambino, a fargli cambiare vita, è una soddisfazione enorme e una vittoria per la società.