In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Amref Health Africa si unisce infatti alla Campagna “16 giorni di attivismo contro la violenza di genere”, una campagna internazionale annuale che inizia il 25 novembre di ogni anno, data che segna la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e si protrae fino al 10 dicembre, Giornata dei diritti umani.

Amref ha raccolto una serie di testimonianze, volte a riaffermare la necessità di intensificare gli sforzi e gli impegni internazionali per contrastare le FGM e i matrimoni precoci e forzati, ulteriormente minacciati dalla pandemia COVID-19.

“Ho demistificato la convinzione che le donne non circoncise non possano sposarsi o avere figli. Sono una donna Masai, istruita, non sottoposta a circoncisione e ora sposata con un uomo Masai con figli sani”. Sono queste le parole di Joyce Senteu, una giovane donna che ha condannato quelle dannose pratiche diffuse e ampiamente accettate e giustificate per ragioni legate alla cultura tradizionale della sua comunità. Joshua Sayore, il marito, combatte la medesima lotta per l’eradicazione delle FGM. “Questa pratica obsoleta della mutilazione genitale femminile nega alle ragazze l’opportunità di giocare su un piano di parità perché i ragazzi proseguono la propria istruzione dopo la circoncisione, mentre le ragazze sono date in sposa e si assumono immediatamente le responsabilità familiari”.

La bambina o la donna che ha subito il taglio genitale è infatti spesso costretta ad abbandonare qualunque percorso accademico precedentemente intrapreso, per dedicarsi al focolaio domestico. Come affermato da Joshua, le FGM non sono solo un taglio dei genitali esterni femminili, ma sono anche un taglio di possibilità e di futuro.

“Credo che le ragazze debbano essere protette e che la loro istruzione non possa essere ostacolata da pratiche culturali obsolete”, dichiara Joseph Mpatai, Capo senior nella sede di Olorika a Kajiado, e per questo motivo, aggiunge: “Come volto del governo a livello comunitario, ora sono in grado di usare la forza della legge per garantire che tutti i bambini – ragazze e ragazzi – in età scolare frequentino la scuola e che coloro che ancora praticano il taglio genitale femminile vengano arrestati”.

“Spesso le persone mi chiedono perché ho così a cuore l’educazione delle bambine. È perché vedo i vantaggi che una madre istruita porta alla comunità”, aggiunge Lucy Nashuu, insegnante in pensione. “Quando ero bambina, c’era poca consapevolezza dei rischi per la salute che derivano dalla mutilazione genitale femminile e dalle conseguenti responsabilità associate al matrimonio in così giovane età”. Le dannose conseguenze fisiche, psicologiche, sociali, culturali e identitarie, a breve e a lungo termine, associate a questo fenomeno, sono infatti innumerevoli. “Ora, come donna, come madre, come nonna e leader, sono molto determinata a porre fine alle mutilazioni genitali femminili e ai matrimoni precoci all’interno della mia comunità”, conclude Lucy.

Ogni anno, 3,9 milioni di ragazze sono a rischio di mutilazione genitale femminile (FGM). Nel mondo almeno 200 milioni di donne e bambine hanno subito FGM e, tra le vittime, 44 milioni sono bambine fino a 14 anni. Amref opera in Tanzania, Kenya, Etiopia, Uganda, Malawi e Senegal, ma anche in Italia per contrastare il fenomeno tra le comunità migranti e le seconde generazioni. Le FGM riguardano infatti più di 600.000 donne e ragazze in Europa e 80.000 in Italia.

Ad oggi, tra Kenya e Tanzania, sono oltre 20.000 le ragazze salvate direttamente, attraverso i riti di passaggio alternativi – riti che segnano il passaggio delle bambine all’età adulta, ma bandendo la mutilazione. Complessivamente, sono circa 500.000 le donne e le ragazze che, negli ultimi tre anni, hanno beneficiato dei progetti Amref in questi Paesi, sia in maniera diretta che indiretta.

“Una delle sfide che deve affrontare l’eradicazione delle mutilazioni genitali femminili è spesso l’identità della donna nella comunità Masai” spiega Gertrude Mukala, insegnante a Kajiado. “I Masai vedono la donna attraverso una lente sociale – la donna, per essere considerata tale, deve rispettare tutti i riti culturali. L’introduzione dei riti di passaggio alternativi è stata in grado di rispettare questi riti culturali eliminando la lama da questo scenario, consentendo alle ragazze di continuare la loro istruzione e di potersi costruire una famiglia se e quando da loro reputato il momento giusto”.

L’obiettivo di Amref è infatti guidare le comunità ad intraprendere riti di passaggio alternativi, senza alcuna forma di “taglio”, in modo che le giovani ragazze siano in grado di completare la loro istruzione ed evitare di diventare spose bambine.

Basta tagli al loro futuro, fermiamo le mutilazioni.

Per sapere di più sull’impegno di Amref: Violenza di genere. L’ombra lunga del COVID e una buona notizia. Amref contro le FGM