Si è tenuto, il 23 febbraio 2022, un webinar volto ad analizzare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute e sulla resilienza delle popolazioni, con un focus specifico sul Sud del mondo.

Nel corso dell’evento è stata dimostrato come i settori sociali, culturali, economici e politici interagiscano con il cambiamento climatico, a molteplici livelli.

In linea con l’Accordo di Parigi, il Prof. William Ogara, Professore associato nel Dipartimento di Salute Pubblica, ha aperto l’incontro sottolineato “l’importanza dell’impegno di tutte le nazioni del mondo a limitare, ben al di sotto dei 2 gradi Celsius, il riscaldamento medio globale rispetto al periodo preindustriale, puntando a un aumento massimo della temperatura pari a 1,5 gradi Celsius”.

Ha inoltre invitato “tutti i Paesi ad orientare i flussi finanziari privati e statali verso uno sviluppo a basse emissioni di gas serra, a migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, e a ridurre così le disuguaglianze sociali e sanitarie”.

“Il clima influenza la salute umana in numerosi modi. Il livello di rischio dipende dalla vulnerabilità e dall’esposizione delle popolazioni, ai cambiamenti di questa natura”, ha continuato il Prof. Ogara.

Infatti, nel 2006, le Nazioni Unite hanno citato il continente africano come il più esposto e indifeso dalle implicazioni dei cambiamenti climatici.

Oggi, questa ipotesi rimane valida, e secondo l’African Development Bank Group, tra i primi 20 Paesi del pianeta a maggiore vulnerabilità sui cambiamenti climatici, sei sono nel continente africano.

In particolare, secondo la FAO i Paesi dell’Africa Sub-Sahariana soffriranno maggiormente dei cambiamenti climatici in termini di riduzione della produttività agricola e insicurezza idrica.

Inoltre, il cambiamento climatico, nei suoi effetti più estremi, spinge le popolazioni a migrare per la mancanza di cibo, lavoro o acqua.

“(…) e dalle aree più vulnerabili ed esposte, gli indifesi sono costretti all’esodo”, ha concluso il Prof. Ogara.

Nel 2019, infatti, nell’intero continente africano, ai 7,6 milioni di sfollati in fuga da conflitti, si sono aggiunti 2,6 milioni di profughi del clima.

Con alcune delle situazioni più gravi che si sono verificate in Etiopia, Somalia, Sudan e Sud Sudan; tre paesi che hanno dovuto fronteggiare simultaneamente l’esodo di oltre 1 milione di persone costrette a fuggire da guerre e siccità.

Entro il 2025, l’UNESCO prevede che la metà della popolazione mondiale vivrà in aree sottoposte a un forte stress idrico ed entro il 2050, circa 150-200 milioni di persone saranno permanentemente dislocate a causa di siccità, inondazioni o uragani.

“Insieme possiamo!”, ha incoraggiato Sarah Kosgei, che è intervenuta a nome di Amref Health Africa, in qualità di Program Manager dell’Organizzazione.

“L’Africa deve rimanere unita, e il mondo intero deve collaborare, per riuscire a sviluppare un sistema sanitario che sia resiliente agli impatti del cambiamento climatico.

I governi, le comunità e la società civile devono agire congiuntamente sul tema dei cambiamenti climatici in relazione alla salute, chiamando in causa tutti gli attori: energia, servizi industriali, WASH, agricoltura e sistemi alimentari, alloggi, salute, trasporti, lavoro, uso del suolo e pianificazione, società civile e settore privato!”.