Raggiungere la copertura sanitaria universale (UHC) è una delle sfide più ambiziose dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Al centro di questa sfida c’è l’impegno a garantire che ogni persona, ovunque, possa accedere ai servizi sanitari di cui ha bisogno, senza affrontare difficoltà economiche.

Tuttavia, nonostante il potenziale trasformativo di questo obiettivo, il percorso verso l’UHC è irregolare, e per molti paesi africani sembra sempre più lontano.

La realtà è che i sistemi sanitari in Africa sono già sotto pressione. La pandemia di Covid-19, l'epidemia di Mpox, e il ritorno di malattie come il Marburg hanno messo in evidenza le fragilità esistenti e le disuguaglianze profonde.

Ma, a complicare ulteriormente la situazione, il cambiamento climatico sta minacciando di annullare decenni di progressi, con impatti devastanti che colpiscono in modo particolare le comunità più povere e vulnerabili.

In Africa, il cambiamento climatico non è solo una questione ambientale, ma una vera e propria emergenza sanitaria.

Malattie come la malaria e la dengue, già diffuse in molte aree, si stanno estendendo anche in zone più fredde, mentre le temperature in aumento mettono a rischio l'accesso a risorse fondamentali come acqua potabile, cibo sicuro e rifugi adeguati.

Per le comunità più vulnerabili, questi rischi sono ancora più gravi. Donne e bambini percorrono lunghe distanze per cercare acqua, esponendosi a violenze. I raccolti falliscono, la malnutrizione aumenta e le alluvioni costringono le persone a fuggire, perdendo le proprie case, il lavoro e l'accesso alle cure.

I sistemi sanitari africani, già fragili, stanno cedendo sotto il peso di crisi interconnesse. Le strutture sanitarie vengono danneggiate o distrutte dalle condizioni climatiche estreme, e gli operatori sanitari si trovano ad affrontare scelte impossibili, con risorse sempre più scarse.

L’OMS ha recentemente sottolineato che più della metà delle emergenze sanitarie pubbliche in Africa negli ultimi vent’anni sono state causate da eventi climatici.

Nonostante le evidenti prove, la salute continua a essere trascurata nelle politiche climatiche globali. Il recente impegno di 300 miliardi di dollari all’anno per il finanziamento climatico, definito a Baku, è ancora lontano dalle reali necessità: il finanziamento necessario per ridurre le emissioni e aumentare la resilienza nei paesi vulnerabili è di 1,3 trilioni di dollari all’anno.

Questo impegno, insufficiente e miope, rappresenta una mancata responsabilità da parte dei paesi più ricchi, che continuano a sostenere di affrontare il cambiamento climatico, mentre lasciano che i più vulnerabili paghino il prezzo più alto.

L'inequità economica è altrettanto evidente: alcuni paesi africani spendono solo 40 dollari per persona all’anno per la salute. Questa disparità è un segno chiaro della cronica mancanza di fondi per i sistemi sanitari, una situazione destinata a peggiorare con l'intensificarsi degli impatti climatici.

Il cambiamento climatico sta accelerando il riscaldamento del continente africano a un ritmo più veloce rispetto alla media globale.

Le disastrose calamità climatiche causano enormi perdite economiche, che per alcuni paesi arrivano a sottrarre dal 5% al 9% del PIL. Entro il 2050, il costo economico dei danni sanitari causati dal cambiamento climatico potrebbe arrivare a 11–20,8 trilioni di dollari nei paesi a basso e medio reddito, con un impatto devastante sulla crescita economica.

Le perdite in produttività lavorativa nei settori agricoli e in altri settori vitali potrebbero costare all’Africa 30-50 miliardi di dollari all’anno entro il 2030.

Il costo umano è altrettanto grave: le malattie legate al caldo, le malattie respiratorie e la malnutrizione stanno erodendo il capitale umano del continente, con gravi ripercussioni sulle famiglie e sulle comunità. L’Africa subsahariana paga il prezzo più alto, con il 71% dei casi e quasi la metà delle morti previste a causa di queste malattie, con impatti economici che raggiungono fino al 3,7% del PIL.

Per molte famiglie, la situazione è insostenibile. Quando i servizi sanitari sono fuori portata o troppo costosi, le conseguenze sono devastanti. I genitori sono costretti a vendere beni o a indebitarsi, aggravando ulteriormente la povertà. I bambini abbandonano la scuola per supportare il reddito familiare, creando un circolo vizioso di privazione generazionale. Questa non è una realtà futura, ma un dramma che milioni di africani stanno vivendo ogni giorno.

Agire è urgente, non solo per prevenire perdite economiche future, ma anche per accelerare il raggiungimento della copertura sanitaria universale.

Per interrompere questo ciclo di disuguaglianza, è fondamentale che i governi africani ripensino i loro sistemi sanitari attraverso una visione di resilienza e equità. I sistemi sanitari devono essere fortificati per affrontare le crisi climatiche, garantendo la continuità delle cure. Inoltre, è essenziale potenziare la sorveglianza delle malattie, in particolare attraverso sistemi comunitari, per rilevare e rispondere rapidamente ai focolai di malattie sensibili al clima.

Investire nella sanità primaria è la chiave. Quando la sanità primaria è forte, le comunità sono meglio protette, con una rete di supporto che garantisce non solo servizi essenziali, ma anche una salvaguardia durante le emergenze. Rafforzare la sanità primaria significa costruire resilienza e gettare le basi per sistemi sanitari sostenibili ed equi.

In parallelo, la povertà sanitaria deve essere affrontata, abbattendo le barriere economiche per l'accesso alle cure. Espandere i sistemi di assicurazione sanitaria pubblica è essenziale per evitare che le famiglie ricadano nella povertà a causa dei costi sanitari, affrontando anche i rischi legati ai cambiamenti climatici.

Per tutto questo, è necessario un forte sostegno internazionale. I paesi ad alto reddito hanno il dovere morale e pratico di rispettare gli impegni presi nell'ambito dell'Accordo di Parigi, aumentando i finanziamenti per aiutare i paesi vulnerabili a costruire resilienza contro gli impatti del cambiamento climatico.

Le comunità devono essere al centro della risposta. Soluzioni che non coinvolgono le persone che ne sono destinate a beneficiare sono destinate a fallire. È fondamentale coinvolgere i leader locali, le donne, i lavoratori sanitari e i giovani nella co-creazione di interventi basati sulla sanità primaria, per garantire che i servizi siano davvero adatti alle necessità delle popolazioni.

Solo attraverso una collaborazione globale, un approccio innovativo e una forte volontà politica, sarà possibile affrontare questa crisi e costruire sistemi sanitari resilienti in grado di proteggere i più vulnerabili dai devastanti impatti del cambiamento climatico. Il costo dell'inerzia è troppo alto, per le persone, per i paesi e per il mondo intero.

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