
Quello dell'ostetrica è un lavoro duro che inizia ben prima del momento del parto di una donna. [ tanto più impegnativo se viene svolto in aree del mondo in cui le strutture sanitarie sono poche e male attrezzate ed il personale qualificato è scarso rispetto al numero di pazienti da assistere. Damaris, ostetrica keniota che lavora all'interno del Dispensario di Nyaani a Mwingi Central, racconta le sue fatiche quotidiane e l'impegno per la salute di donne e bambini.
Ciao Damaris, puoi descriverci la tua giornata di lavoro tipo?
Normalmente la mia giornata a lavoro inizia con il giro di visite delle donne in gravidanza per le cure pre-parto. Di solito ne eseguo almeno 5.
Proseguo poi con altri due tipi di attività ospedaliere, una dedicata a circa 20 pazienti sopra i 5 anni di età, l'altra a quelli che ne hanno più di 5. Questi ultimi sono circa 15 in tutto. Entrambi i gruppi presentano dei disturbi regolari.
Mi occupo poi di circa 12 bambini ricoverati in clinica, eseguo almeno 2 visite di assistenza post-natale e 5 medicazioni.
Quali sono le tue mansioni professionali?
Le mie mansioni principali comprendono la fornitura di servizi di assistenza medica ai pazienti che ricevo presso la struttura sanitaria, compreso il trattamento di disturbi regolari, la fornitura di farmaci, la consulenza in materia di pianificazione familiare e servizi di ostetricia. Inoltre, essendo anche un operatore di salute comunitario, sono impegnata a fornire ai volontari operatori di salute comunitari supporto tecnico nell'esecuzione delle loro funzioni ed eseguo il monitoraggio delle attività. Inoltre, mi impegno direttamente con le comunità per aiutarle a identificare eventuali problemi relativi alla salute, problemi che necessitano della nostra attenzione collettiva, per contribuire alla ricerca di rimedi e soluzioni.
Quanti anni di studio sono stati necessari per lavorare in questo ambito?
Ho studiato in un college 3 anni per diplomarmi da infermiera prima di intraprendere questo lavoro. Attualmente, inoltre, sto seguendo diversi corsi presso il Centro di Formazione Amref a Nairobi, a completamento del mio diploma in scienze infermieristiche.
Se una donna gode di buona salute, secondo te è preferibile che partorisca in casa o in un ospedale?
Senza dubbio è sempre meglio per una donna incinta partorire in una struttura sanitaria, perché se si verificano eventuali imprevisti o complicazioni alla nascita questi possono essere gestiti da operatori sanitari qualificati e competenti. Purtroppo i parti in casa sono ancora frequenti e si svolgono con l'aiuto di levatrici tradizionali che non sono attrezzate per gestire le complicazioni alla nascita, cosa che molto spesso mette madri e neonati a rischio. Nella mia zona, molti assistenti al parto tradizionali sono stati convinti ad abbandonare la pratica e ora invitano le loro potenziali pazienti a fare riferimento alle strutture sanitarie competenti.
Quanti parti hai assistito in casa nel corso del 2015?

Non ho seguito alcun parto in casa. Piuttosto, con il supporto delle assistenti al parto tradizionali di cui parlavo prima, abbiamo convinto le donne a partorire presso le strutture sanitarie di riferimento. L‘anno scorso ci sono comunque stati alcuni parti in casa, seguiti da levatrici tradizionali che mantengono la pratica perché si tratta della loro principale attività economica e non vi possono rinunciare senza una fonte di reddito alternativa.
Qual è l'aspetto più difficile del tuo lavoro?
Senza ombra di dubbio è assistere alla perdita di una madre o di un bambino durante il parto. Capita purtroppo e quando accade mi si spezza il cuore.
Quale sarebbe la prima cosa che faresti per migliorare l'assistenza pre e post parto nel tuo Paese?
Per migliorare l'assistenza alle donne in ogni fase del ciclo nascita, dal concepimento ai servizi di assistenza post-natale, è necessario migliorare in primo luogo le infrastrutture e le attrezzature delle strutture sanitarie, in modo che sia possibile erogare correttamente i servizi richiesti. In secondo luogo, aumenterei il numero di operatori sanitari a disposizione. L'attuale rapporto paziente-infermiere/medico non è sufficiente a garantire realisticamente servizi efficaci a tutti. In terzo luogo, lavorerei sulla capacità degli operatori sanitari di fornire servizi, in termini di qualità e conoscenze. Per questo farei in modo di dare loro una formazione supplementare focalizzata sulle aree specialistiche di trattamento, al fine di renderli più competenti.