Intervista a Jacopo Rovarini, Public health specialist & M(H)IND Consortium Coordinator.

Perché è importante investire nella salute mentale in un paese come il Sud Sudan? Non ci sono priorità più importanti?

Come ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non esiste salute senza salute mentale (“there is no health without mental health”).

La salute mentale è parte integrante e fondamentale del benessere di ogni individuo, ad ogni latitudine.

È pur vero che le prime sei cause di mortalità in Sud Sudan sono rappresentate da malattie trasmissibili (es. infezioni respiratorie e gastro-intestinali, malaria, HIV/AIDS e tubercolosi) o da problematiche legate alla salute materno infantile (es. complicazioni neonatali*), e a queste viene assegnata la priorità da parte del ministero della sanità locale, dei donatori e di altri soggetti operanti in quest’ambito.

Benché insufficienti, attenzione politica e finanziamenti vengono continuamente garantiti alla prevenzione e alla gestione di queste malattie, portando negli anni a dei modesti progressi.

La salute mentale, invece, non figura tra le principali cause di mortalità, nonostante qui si registri il quarto tasso più elevato di suicidi del continente africano.

Disturbi di natura mentale, neurologica o legati all’abuso di sostanze sono tra i primi fattori determinanti morbilità e disabilità nel paese.

Basti pensare che si stima che questi, da soli, causino 191.000 anni vissuti con disabilità (YLD, Years Lived with Disability) dalla popolazione sud sudanese ogni anno – un fardello poco inferiore all’intero peso rappresentato dall’insieme di tutte le malattie infettive e parassitarie.

Ciò non sorprende, poiché la stessa OMS ritiene che in contesti come quello del Sud Sudan, caratterizzato da fenomeni pluriennali di conflitto, deprivazione e violenza di varie entità, oltre un quinto della popolazione soffre o è a rischio di sviluppare disturbi psicologici, psichiatrici, comportamentali o neurologici.

Ciononostante, quest’ambito di assoluto rilievo sociale e di sanità pubblica non riceve la considerazione e gli investimenti che merita.

Come sono trattati i problemi di salute mentale in Sud Sudan?

Purtroppo, vi è estrema scarsità di specialisti, operatori qualificati e servizi dedicati alla salute mentale.

Si contano solo quattro psichiatri (uno di recente formazione) e una trentina di psicologi tra gli oltre 12 milioni di sud sudanesi; un solo reparto di psichiatria, nella capitale Giuba; e meno di 1.000 pazienti con disturbi mentali gravi assistiti dal sistema sanitario nazionale all’anno**.

La diagnosi e il trattamento dei più comuni disturbi mentali è affidata ai Clinical Officer (operatori sanitari generici, simili ai paramedici) e agli infermieri, la cui preparazione si limita ad una breve formazione sulle linee guida mhGAP promosse dall’OMS.

Si tratta di un passo avanti nel promuovere l’accesso ai servizi, per quanto di base ed insufficienti, su tutto il territorio nazionale.

Tuttavia, questi operatori, qualora presenti, sono sovente oberati e impegnati nel fornire altre prestazioni, non ricevono adeguata supervisione, e non dispongono di strumenti diagnostici e farmaci a sufficienza per potersi prendere efficacemente cura di pazienti con questo genere di disturbi.

Quanto è ampio ancora lo stigma riguardo le malattie mentali in Sud Sudan?

Sul piano comunitario e sociale, la fondamentale assistenza informale (self-care e informal care) da parte di familiari, membri della comunità e organizzazioni della società civile o religiose risulta spesso difficoltosa e marginale per via del considerevole stigma associato ai disturbi di natura mentale e alle persone che ne soffrono.

Lo stigma, che si traduce in discriminazione ed emarginazione a vari livelli, è alimentato dal timore, dalla mancata comprensione e consapevolezza di questi disturbi e dei loro effetti, dalla sottovalutazione della loro rilevanza, e da credenze legate ad elementi divini o soprannaturali.

Quale impatto pensi possa avere il progetto M(H)IND nel Paese?

Come si può dedurre, la sfida che ci si prospetta è enorme.

Il progetto M(H)IND, per quanto ambizioso, potrà solo avviare alcuni processi in un limitato numero di aree geografiche.

Ritengo però che l’iniziativa abbia il potenziale per dimostrare la bontà, la convenienza e l’efficacia di una serie di interventi potenzialmente replicabili ed estendibili in tutto il paese.

Ad esempio, la conduzione di campagne radiofoniche realizzate dal partner BBC Media Action, focalizzate sul tema della salute mentale e finalizzate al cambiamento di diffuse convinzioni e comportamenti discriminatori, metterà in discussione e, ci si augura, inizierà a scalfire lo stigma esistente.

La combinazione sinergica di attività di assistenza informale e comunitaria tramite interventi scientificamente validati come il Self-Help Plus, e di attività di gestione clinica dei disturbi psicologici, psichiatrici e neurologici presso le strutture sanitarie esistenti, permetterà ad Amref e al suo partner Caritas di mostrare la fattibilità e l’efficacia di un approccio disegnato per contesti semi-umanitari e con risorse finanziarie limitate.

La ricerca operativa guidata dall’Università di Verona (WHO Collaborating Centre for Research and Training in Mental Health and Service Evaluation) si spera possa consentire di dimostrare l’adeguatezza e l’impatto dell’approccio integrato adottato dal progetto e, attraverso l’assistenza tecnica fornita da Amref al Ministero della Sanità del Sud Sudan, eventualmente influenzare positivamente piani strategici e documenti d’indirizzo del paese atti alla promozione della salute mentale. Infine, l’impatto primario a cui il consorzio aspira e che avrà forse più valore di tutti: il miglioramento concreto del benessere e della salute di migliaia di persone, che possano finalmente esprimere al massimo il proprio potenziale di crescita, libere da condizioni stigmatizzate, curabili o trattabili.


[*] GBD 2019 Diseases and Injuries Collaborators, “Global burden of 369 diseases and injuries in 204 countries and territories, 1990–2019: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2019”, in The Lancet, Vol. 396, 10258, p 1204-1222, 17 Ottobre 2020.

[**] OMS, Mental Health ATLAS 2017 – South Sudan. https://cdn.who.int/media/docs/default-source/mental-health/mental-health-atlas-2017-country-profiles/ss.pdf?sfvrsn=48cffc12_1&download=true