L’Uganda, che ad oggi conta 124.098 casi di COVID-19 e 3.163 decessi legati al virus, ha visto una crescita esponenziale del pericolo negli ultimi mesi e un allarmante aumento dei casi di morte materna e neonatale legata alle misure di contenimento anti-COVID-19. La testimonianza di Susan Mirembe, che ha recentemente perso sua cugina e il suo futuro nipote, gli interventi di Amref e del governo ugandese.

L’ostacolato accesso ai servizi sanitari e le conseguenze fatali sulle donne incinte

All’apice della pandemia di COVID-19, l’Uganda ha istituito alcune disposizioni di contenimento, tra cui la sospensione dei trasporti pubblici e l’obbligo di esibire un adesivo, fornito dal Ministero dei Trasporti, o di richiedere l’autorizzazione ai commissari distrettuali di riferimento, per l’utilizzo di mezzi privati. Inoltre, è stato istituito un coprifuoco notturno per limitare ulteriormente la circolazione. 

Sebbene queste disposizioni fossero necessarie per contrastare la diffusione del virus, hanno ostacolato l’accesso della popolazione ai servizi e alle cure mediche. Molti ugandesi, per esempio, anche gravemente malati, non hanno ricevuto in tempo utile l’autorizzazione per spostarsi e raggiungere le strutture sanitarie. Inoltre, molti operatori sanitari di prima linea non si sono potuti recare nei centri sanitari per erogare i servizi, mentre altri hanno abbandonato il proprio lavoro per impedimenti logistici o preoccupazioni individuali.

La conseguenza è stata la perdita di molte vite umane, in particolare di persone con malattie croniche come diabete o ipertensione, di donne incinte e dei loro bimbi non ancora nati

Susan Mirembe vive a Nansana, nel distretto di Wakiso, in Uganda centrale. Ha recentemente perso sua cugina e il suo futuro nipote. 

Quando sono state decretate le disposizioni, Rachel Birungi, la cugina di Susan, era all’ottavo mese di gravidanza e aveva già mostrato segni di preeclampsia, nota anche come gestosi. Questa condizione è caratterizzata da un innalzamento eccessivo della pressione sanguigna (ipertensione), spesso in combinazione con il riscontro di una quantità significativa di proteine ​​nelle urine (proteinuria elevata).

Una notte, la salute di Rachel ha iniziato improvvisamente a peggiorare: si lamentava di un forte mal di testa e piangeva dal dolore. Aveva una pressione sanguigna molto alta e ha iniziato ad avere le convulsioni.

“Abbiamo cercato un mezzo per portarla subito in ospedale, ma a causa del coprifuoco notturno, nessuno è potuto venire in nostro soccorso”, ha spiegato Susan.

“Abbiamo assistito al peggioramento delle sue condizioni. Poco dopo l’inizio del malessere, Rachel ha iniziato a urlare e a piangere in modo incontrollabile, lamentando un forte dolore”. Quando la famiglia è finalmente riuscita ad ottenere un passaggio alla struttura sanitaria, le sue condizioni erano ormai critiche. Nel percorso da casa in ospedale Rachel ha perso coscienza. All’arrivo in sala operatoria, sia la mamma che il figlio sono stati dichiarati morti.

“I dati del Ministero della Salute hanno mostrato un allarmante aumento dei casi di morte materna e neonatale durante il lockdown”, racconta Peter Kungu, un medico dell’ospedale regionale di riferimento di Kawempe. 

“Quando si tratta di salute materno-infantile, gli esperti di solito parlano dei tre ritardi che possono portare alla morte: il ritardo nel prendere la decisione di cercare cure mediche, il ritardo nel raggiungere una struttura sanitaria e il ritardo nel ricevere le cure dopo aver raggiunto una struttura sanitaria. Nel caso del COVID-19, molte vite perse sono attribuibili al secondo tipo di ritardo, poiché non hanno potuto raggiungere le strutture sanitarie in tempo utile”, ha confermato il dottor Simon Nuwagaba, un ginecologo dell’ospedale Norvick, di Kampala.

“Inoltre, durante il lockdown, sono aumentati esponenzialmente i parti non assistiti e molte donne non hanno ricevuto cure prenatali. Questo ha significato difficoltà nell’accesso alle cure specializzate e farmaci salvavita, con talvolta fatali conseguenze”, ha aggiunto Kungu. 

Amref e la promozione dell’accesso ai servizi sanitari

Dopo aver riconosciuto la necessità di garantire il maggiore accesso possibile ai servizi di salute materno-infantile, Amref ha istituito una campagna volta a promuoverne l’accessibilità ai servizi sanitari. Inoltre, ha stanziato dei fondi per sostenere l’acquisto di ulteriori forniture e prodotti di base, distribuiti attraverso il meccanismo di distribuzione nazionale o direttamente ai distretti.

Nel progettare la campagna, Amref ha seguito le linee guida del Ministero della Sanità e le ha applicate in 14 distretti, dove le strutture sanitarie sono state in grado di garantire in modo sicuro un accesso continuo alla comunità. Amref ha svolto consulenze e incoraggiato gli operatori sanitari a non temere di assistere i pazienti fornendo loro adeguati e sufficienti dispositivi di protezione individuale, disinfettanti e prodotti extra per le cure prenatali e parti assistiti e sicuri.

Infine, Amref, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha svolto un’attività di sorveglianza, ricerca di casi e referenze. Con questa attività, sono stati in grado di identificare più di 2.500 casi di COVID-19, di cui 1.900 asintomatici. I casi positivi sono stati incoraggiati a cercare assistenza e indirizzati negli ospedali.

La risposta del Governo ugandese

In linea con la campagna di Amref, il governo ugandese ha approvato nuove linee guida. Il Presidente ha emesso una direttiva che dà alle donne gravide il permesso di muoversi liberamente senza un adesivo o l’autorizzazione del commissario distrettuale residente. Inoltre, le persone con malattie croniche sono libere di muoversi purché provviste di documenti rilasciati dalle strutture sanitarie.

Appello all’azione

Il Dr. Kagurusi, di Amref-Uganda – specialista di sanità pubblica con più di 19 anni di esperienza nella pratica della sanità pubblica tecnica, manageriale e strategica – ritiene che il COVID-19 continuerà a colpire l’Africa e l’Uganda in diversi modi. Ha aggiunto che “il COVID-19 ha avuto un grande impatto sul sistema sanitario, costando molte risorse e indebolendo ulteriormente i sistemi con la perdita di personale medico. Infatti, 60 medici e 200 infermieri sono morti a causa del virus e la loro sostituzione richiederà tempo”. Dato che “il sistema sanitario è fortemente indebolito, l’Uganda avrà bisogno di molto sostegno nei prossimi mesi”, ha aggiunto il Dr. Kagurusi.

  • In merito all’impatto dei casi critici, abbiamo potuto osservare che la variante Delta è arrivata con un alto tasso di malattia e di mortalità, e il sistema sanitario non è stato in grado di far fronte al problema a causa di una carenza critica di attrezzature, ossigeno e posti letto negli ospedali. Dobbiamo costruire la capacità di un sistema sanitario in grado di fronteggiare ondate future, oltre che a far fronte a malattie comuni come la malaria, l’HIV e la tubercolosi.
    Dr. Patrick Kagurusi Amref - Uganda
  • Foto: Archivio Amref © Leonardo Mangia Kenya 2021

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