Crisi migratoria ed occupazionale, emergenza sanitaria, malnutrizione sono le sfide principali presenti sui territori coinvolti.

Ripercorrere le tappe di questo progetto, vuol dire raccontare le storie di successo di uomini donne che con inventiva e determinazione hanno affrontato queste sfide contribuendo allo sviluppo sostenibile del loro Paese.

L’obiettivo principale raggiunto dal progetto è stata la creazione di lavoro autonomo ed indipendente, l’inclusione socio-economica e la sensibilizzazione su tematiche come malnutrizione e igiene, per uno sviluppo locale sostenibile.

Grazie alla visita sul campo del giornalista Marco Simoncelli, reporter italiano che da anni si occupa del continente Africano, è possibile raccontare il progetto Arsmais e gli obiettivi raggiunti attraverso le testimonianze di chi ne ha preso parte in prima persona.

  • Mansong Touré, Capo progetto Arsmais a Malifara e Seko Sakho, imprenditore del bananeto di Malifara e migrante di ritorno
    Marco Simoncelli
  • Fatoumata Gnavaly, agricoltrice nel bananeto di Malifara
    Marco Simoncelli
  • Diaria Baldé, imprenditrice a Kolda
    Marco Simoncelli
  • Tomba Souane, infermiere esperto nutrizione - mercato a Kolda
    Marco Simoncelli

Crisi migratoria

In Senegal si rileva un chiaro deficit di popolazione maschile nella fascia di età 20-54 anni a causa delle migrazioni la cui principale destinazione è l'Europa.

Il Paese, tuttavia, è anche uno dei principali Paesi interessati dal fenomeno dei “ritorni volontari”.

La crisi occupazionale che ha colpito l'Europa negli ultimi anni ha incrementato questo fenomeno: con la partenza degli uomini, molte donne rimaste nelle comunità di appartenenza sono portate a sviluppare attività in proprio o ad assumere l'attività economica familiare, affrontando enormi sfide economiche e sociali.

Nel corso del primo anno, sono state mappate le microaziende (per lo più a condizione femminile e giovanile) nell’area di Kolda e Sédhiou da accompagnare nell’acquisizione di competenze e strumenti per accrescere le proprie capacità di reddito e professionalizzazione.

In seguito sono stati selezionati NEET (uomini e donne tra i 18 e i 35 anni) interessati al lavoro in agricoltura e ai sotto-settori correlati, che una volta completati dei cicli formativi, sono stati messi in contatto con le piccole aziende già identificate (più altre gravitanti nella stessa area) al fine di accedere a opportunità di impiego.

Mansong Touré, capo progetto Arsmais a Malifara e coordinatore regionale a Sédhiou per Amref, sottolinea l’impatto positivo che il progetto ha avuto sui giovani a livello locale:

“I giovani, che hanno la tendenza a lasciare queste regioni per cercare lavoro altrove, sono molto interessati a questo progetto, perché si offre loro una formazione che qui sarebbe difficile avere e possono eventualmente aspirare a un finanziamento per far partire la loro impresa”.

Ne è un esempio l’impresa sociale del bananeto di Malifara gestita da Seko Sakho, uno dei partner che ha seguito la formazione e poi contribuito a quella dei giovani che ora lavorano con lui.

Seko Sakho è un migrante di ritorno.

Dopo dieci anni trascorsi in Europa, passando anche per l’Italia, ha deciso di tornare in Senegal per iniziare una sua attività.

L’Africa ha bisogno di persone formate e qualificate per svilupparsi con le proprie forze e idee".

"La maggior parte delle persone giovani sognano di poter partire per l’Europa, ma se tutti fanno così chi resterà in Africa?"

Da quando Seko è tornato in Senegal la sua vita è cambiata.

Prima in Europa tutti mi chiedevano di inviare dei soldi… oggi invece posso spiegargli come si può essere imprenditori qui”.

Il sostegno delle donne di Malifara è stato imprescindibile per il suo reinserimento nella comunità e per il funzionamento della sua attività.

Nel bananeto lavorano 46 persone di cui 35 sono donne: tra loro c’è Fatoumata, una giovane di 21 anni in stato di gravidanza.

Prima ogni donna lavorava da sola ma non si trattava di attività sostenibili e durevoli”.

Grazie al metodo produttivo promosso da questa impresa, che prevede un equilibrio tra consumo e vendita dei prodotti agricoli, è possibile “creare dei piccoli risparmi per il futuro dei nostri figli”, dice Fatoumata.

Insicurezza alimentare

La crisi politica ed economica acuita dalla pandemia di COVID19 ha contribuito al peggioramento delle condizioni nutrizionali della popolazione.

Nei distretti di Kayes (Mali) e Kolda (Senegal), la prevalenza della malnutrizione ha dei dati allarmanti.

Tomba Souane è infermiere ed esperto di nutrizione all’istituto sanitario di Kolda, regione in cui la sanità pubblica è tra le più arretrate in tutto il Paese.

Noi facciamo parte delle tre regioni più povere del Senegal. È vero che qui coltiviamo verdure e frutta e abbiamo tutto, sfortunatamente però non lo consumiamo ma destiniamo il raccolto alla vendita”.

Inoltre, la crisi russo-ucraina ha colpito in maniera allarmante queste regioni: la popolazione è sempre meno coinvolta nel settore agricolo (in particolare i giovani) e per questo è dipendente dall’importazione di grano e riso da questi Paesi.

"Così siamo diventati più vulnerabili, non riusciamo più a sopravvivere e ad avere l'autosufficienza alimentare. Per questo bisogna tornare all’agricoltura e consumare prodotti locali”.

Tomba e l’équipe del progetto Arsmais fanno sensibilizzazione su questi temi, ad esempio organizzando gruppi di donne a cui spiegano i programmi di nutrizione e insegnano a preparare farine composite destinate a bambini malnutriti di cui si occupano i poste de santé e gli ospedali. 

Per Tomba, l’educazione nutrizionale è fondamentale per la salute pubblica:

“Se le fondamenta di un palazzo non sono solide, crolla. Per l’alimentazione è lo stesso. Se non partiamo dagli alimenti base per rafforzare l’organismo e creare le difese immunitarie allora ecco che la malnutrizione si diffonde”.

Altro tema fondamentale secondo Tomba è l’igiene pubblica: nelle regioni di Kolda e Sédhiou ci sono aree con molti villaggi dove si verificano inondazioni frequenti, che rendono l’ambiente (compresi i mercati) particolarmente soggetti al proliferare di insetti e batteri, aumentando la  frequenza già alta di casi di colera e dissenteria.

Norme sanitarie ed igiene dei prodotti alimentari

Abdoulaye Diao , insegnante di francese a Kolda e attore comunitario coinvolto all’interno del progetto Arsmais, si occupa di sensibilizzare ed educare i bambini sulla corretta pulizia degli alimenti e sui rischi della scarsa igiene.

Da quando abbiamo iniziato a lavorare con Amref all’interno del progetto Arsmais, notiamo dei miglioramenti ogni anno che passa”, afferma l’insegnante.

“Anche se mancano servizi di base come acqua corrente e potabile nelle case, l’igiene personale, di ambiente e alimenti sta assolutamente migliorando”.

Come afferma Diaria BaldeCi sono prodotti che se mangiati senza trattamento fanno male, ma se li si trasforma con le norme igieniche adeguate, producono effetti positivi sulla salute a lungo termine”. 

Questa donna gentile e determinata sulla cinquantina gestisce assieme ad Arsmais, con l'aiuto di diversi giovani, un piccolo centro di trasformazione di prodotti alimentari agricoli locali con annesso negozio di vendita al dettaglio in uno dei quartieri centrali di Kolda.

Prima di tutto ci occupiamo della trasformazione per evitare lo spreco alimentare e il decadimento degli alimenti, perché non ci sono sistemi efficienti di distribuzione e conservazione”.

Diaria ha appreso buona parte di ciò che sa grazie ai corsi finanziati dal progetto Arsmais e a quelli di rafforzamento delle capacità che sono stati organizzati presso l’istituto di tecnologia alimentare.

Anche in questa impresa sociale le donne sono impegnate nella creazione delle farine composite (di riso, niébé, arachidi etc.) che tostate ed essiccate contribuiscono a garantire un’alimentazione completa e sana

Una delle difficoltà riscontrate, secondo l’imprenditrice senegalese, è convincere le persone a tornare a mangiare questi prodotti di derivazione locale invece di quelli arrivati dall’estero.

“Per esempio, ci sono produttori che coltivano mais e niébé per poterlo vendere e acquistare riso dall’estero, mentre gli alimenti locali hanno un apporto nutritivo molto più alto."

"Coltivare e consumare prodotti non importati riduce le spese mediche che derivano dalla mancanza di vitamine e minerali importanti”.

Il racconto dei protagonisti del progetto Arsmais dimostra che cambiare il destino e la narrazione di un territorio a partire dalle sue criticità è possibile. 

Arsmais - finanziato dall’ Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) a Dakar - vede operare insieme ARCS (capofila), Amref, TAMAT, le Réseau Ndaari, Caritas Mali, Le Tonou.