"Ho vissuto quattro anni in Arabia Saudita, la vita lì era intollerabile. Ora sono tornata, ho un lavoro e vivo dignitosamente, aiutando la mia comunità." Queste sono le parole di Addis Alemayhu, una giovane donna etiope di 28 anni, migrante di ritorno ad Addis Abeba, il cui percorso personale incarna la complessa realtà di chi cerca opportunità oltre i confini nazionali, per ritornare alla ricerca di stabilità e dignità.
Con 120 milioni di abitanti, di cui 29 sotto la soglia di povertà, l'Etiopia è il secondo Paese più popoloso del Continente africano e uno dei più poveri al mondo. Qui, l'assenza di lavoro è forte soprattutto tra donne e giovani, spesso costretti ad emigrare altrove in cerca di un futuro migliore.
Nonostante la guerra civile sia formalmente terminata nel novembre 2022, alcune zone sono ancora teatro di insicurezza. A questo si aggiunge la più grave siccità degli ultimi 40 anni che ha colpito la regione del Corno d'Africa, dove condizioni climatiche sempre più estreme hanno un impatto devastante sulla salute e l'economia di intere comunità.
Addis Abeba, capitale dell'Etiopia e dell'Unione Africana, è il cuore di un Paese alla ricerca costante di un equilibrio interno che rafforzerebbe la stabilità dell'intero Corno d'Africa.
Per rispondere alle necessità di salute e alla crescente richiesta di lavoro giovanile della Capitale, nel 2021 è nato un progetto concreto e ambizioso: "Transforming Socio-Health Issues into Opportunities to Discourage Irregular Migration" che si propone di affrontare le cause profonde della migrazione irregolare, migliorando lo status socio-economico di giovani e donne vulnerabili.
- 22mila persone raggiunte dalle cooperative di smaltimento dei rifiuti
- 2466 lavoratori formati in materia di gestione finanziaria, imprenditorialità e sicurezza
- 104 persone assunte dalle 11 cooperative coinvolte nel progetto
Nel distretto di Akaki Kality, il sobborgo più a sud della città, opera una delle cooperative di riciclo dei rifiuti coinvolte nel progetto. Qui, tra cumuli di rifiuti disciplinatamente organizzati e suddivisi, incontriamo Marta Gebru, 37 anni, responsabile della cooperativa.
Anche lei è una migrante di ritorno, avendo vissuto in Kuwait per 8 anni. Ha sei figli e ha lasciato bambini e marito per cercare opportunità all'estero. "Quando sono tornata, ho iniziato a lavorare per questa cooperativa, ma non aveva i fondi per sopravvivere e per pagarci adeguatamente. Grazie ad Amref e alla collaborazione con il governo, siamo di nuovo operativi e siamo riusciti a garantire lavoro, orari e paghe adeguate, nonché condizioni di lavoro sicure a molte persone."
"Se la cooperativa non avesse ricevuto questo supporto" conclude Gebru "l'intero quartiere non avrebbe la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti - e sarebbe un disastro, anche per la salute e l'ambiente."
Molte di queste cooperative erano preesistenti ma non disponevano dei fondi necessari prima del progetto, inclusi stipendi adeguati e materiali di protezione per garantire sicurezza sul lavoro. La raccolta differenziata dei rifiuti avviene porta a porta, seguendo i principi stabiliti dal progetto.
Questi servizi, che altrimenti non avrebbero mezzi per sussistere, sono fondamentali per il benessere delle comunità coinvolte. Grazie al progetto, finanziato dal Ministero dell'Interno Italiano, le cooperative hanno accesso anche a servizi di microcredito, garantiti da Amref, che contribuiscono ulteriormente alla loro sostenibilità.
Anche Yerom Mulgeta, 39 anni, desidera raccontarci la sua storia. Ha trascorso due anni a Dubai come collaboratrice domestica, vivendo in condizioni estremamente difficili, spesso priva persino di cibo. "A volte non mi davano neanche da mangiare. Ho resistito per due anni, ma poi sono tornata a casa. Avrei voluto comprare un negozio qui ad Addis, ma non avevo i soldi, per cui ho dovuto lasciare il mio Paese un'altra volta. Stavolta sono andata a Beirut, sempre per due anni, sempre a fare lo stesso lavoro." Alla sua ritorno in Etiopia, ha trovato lavoro nella cooperativa, contribuendo così al successo del progetto e alla propria stabilità economica.
Le testimonianze di Yerome e Marta sono solo una piccola parte delle storie di successo che si sviluppano nell'ambito del progetto "Transforming Socio-Health Issues into Opportunities to Discourage Irregular Migration". Attraverso la formazione e il supporto a cooperative come quella di Akaki Kality, il progetto non solo offre un'alternativa valida alla migrazione irregolare ma crea anche una rete di opportunità e stabilità per i migranti di ritorno e la popolazione locale.
Queste storie sono intrecci di vita e sfide che emergono incontrando le persone che fanno di questo progetto una realtà attiva e di successo, trasformando con il proprio lavoro e le proprie competenze le sfide in opportunità di crescita.
Creando un tessuto sociale ed economico più resiliente e sostenibile, iniziative come questa dimostrano che c'è un'alternativa concreta e positiva alla migrazione irregolare. Questa alternativa non solo cambia le vite delle persone coinvolte ma contribuisce anche allo sviluppo sostenibile di intere comunità.