Più di 1500 vittime e oltre 44 000 persone infettate.
E’ questo, finora, il bilancio dell’epidemia di colera che ogni giorno viene aggiornato e diffuso dal Ministero della Salute del Malawi attraverso la loro pagina Facebook.
Dell'emergenza colera e della situazione drammatica in cui riversa il Malawi abbiamo parlato con Hester Nyasulu e Madalitso Tolani, referenti Amref Health Africa in Malawi, in vista anche della più grande conferenza sulla salute e lo sviluppo in Africa - l’AHAIC23 - che si terrà dal 5 all’8 Marzo, a Kigali in Rwanda.
Partiamo dall’inizio. Com’è scoppiata questa epidemia e qual è la situazione attuale in Malawi?
In Malawi stiamo affrontando molte sfide, il colera è solo una delle più grandi che abbiamo.
Abbiamo il grave problema dell'elettricità: il Sudafrica ha appena annunciato lo stato di emergenza per l'elettricità tagliando le forniture a molti Paesi, compreso il Malawi.
In più, parte del Paese è colpito da forti inondazioni, aggravando drammaticamente la diffusione del colera.
L'aspetto sorprendente è che l'epidemia è iniziata durante la stagione secca, cosa molto insolita, mai accaduta prima.
Di solito casi di colera si registrano durante la stagione delle piogge a causa delle scarse condizioni igienico-sanitarie, per cui le piogge contribuiscono alla diffusione della malattia.
Quali sono le cause?
La causa principale è lo stato delle strutture igienico-sanitarie: la maggior parte delle famiglie, soprattutto nelle aree periurbane e nei villaggi, utilizza ancora acqua proveniente da tubature non protette.
Anche per quanto riguarda i servizi igienici, non abbiamo ancora raggiunto lo standard necessario di un bagno per famiglia, e purtroppo ancora troppe persone sono costrette ad evacuare a cielo aperto, e questo da solo aumenta esponenzialmente l’esposizione di intere comunità a virus e batteri.
Durante i periodi di inondazioni (abbondanti come quelle attuali) la copertura igienico-sanitaria, che in condizioni ottimali raggiunge anche il 90%, scende a circa il 40%.
Come Amref negli anni abbiamo fatto tanti interventi, e siamo riusciti a mettere in sicurezza intere zone, ma c’è ancora tanto da fare.
Il tasso di mortalità è al 3% e si registrano circa 400 nuovi casi ogni giorno, il sistema sanitario è al collasso. Cosa state facendo?
Noi di Amref svolgiamo la maggior parte del nostro lavoro nelle comunità, a stretto contatto con gli operatori sanitari comunitari che sono come i custodi dell'etica nelle comunità: gestiscono gli “health post”, il livello comunitario delle strutture sanitarie, e sono il primo punto di contatto tra la popolazione e il sistema sanitario.
Qui vengono identificati i casi sospetti che vengono indirizzati verso le strutture sanitarie centrali.
Abbiamo formato e aiutato sia gli operatori di comunità che i volontari con cui collaborano e con cui svolgono un lavoro fantastico, come vaccinazioni e controlli di routine e diffondono informazioni utili sull’importanza delle buone pratiche igieniche.
Il governo sta cercando di avere strutture sanitarie nella maggior parte delle aree per ridurre le distanze di accesso alle strutture sanitarie, ma la strada da percorrere è ancora lunga.
Qual è la situazione dei servizi sanitari?
Abbiamo pochissimi ospedali, distribuiti nelle principali città, e non tutti hanno ambulanze.
In più, la capacità di posti letto nelle nostre strutture sanitarie è molto bassa e gli ospedali sono sovraffollati, per la trasmissione delle malattie all'interno dell'ospedale tende a essere molto alta.
Contro il colera la reidratazione per via endovenosa è la "cura" principale, in particolare ringer lattato insieme ad altri liquidi per assicurarsi di compensare l'acqua persa a causa della forte diarrea.
Di cosa avete bisogno?
Naturalmente servono molti presidi e strumenti, come aghi, disinfettanti, maschere e altri trattamenti che potrebbero essere necessari.
Ovviamente la sfida è su due fronti: cura per chi si è ammalato e prevenzione per le comunità che hanno poche o nessuna struttura igienico-sanitaria.
Il problema è la mancanza di risorse per lavorare in modo efficiente, mancano le attrezzature, le forniture e le strutture per assicurare tutto ciò.
A livello di formazione, gli operatori sono ancora troppo pochi, e sono costretti ad affidarsi ai numerosi volontari, che, nonostante l'impegno, sono spesso impreparati.
La prevenzione inizia a livello comunitario, ed è l’unico modo per non sovraccaricare le scarse risorse che abbiamo nelle strutture sanitarie centrali.
Avete parlato dei problemi di black out e inondazioni. Potete raccontarci?
Come Paese stiamo davvero attraversando un periodo difficile per quanto riguarda l'elettricità.
A dicembre ci era stato promesso che le interruzioni sarebbero migliorate, ma ora, a febbraio, siamo ancora nella stessa situazione.
Il governo sta provando a diversificare le fonti di energia elettrica: di recente abbiamo visto sorgere molte stazioni ad energia solare: ci stiamo affidando troppo all'energia idroelettrica, che non è l'ideale, soprattutto nella stagione delle piogge.
I cicloni Idai e Ana hanno completamente distrutto le nostre infrastrutture di approvvigionamento idroelettrico, lasciandoci in una situazione drammatica.
E’ una tragica battuta d'arresto per il lavoro svolto finora.
Stiamo cercando di intensificare i nostri sforzi per assicurarci che le latrine che sono state distrutte dall'acqua e dalle termiti vengano sostituite, in modo che la gente sia in grado di utilizzarle senza tornare ad alternative pericolose che abbiamo lavorato duramente per eliminare.
Al momento è molto difficile prevedere quando e se i casi rallenteranno: questa epidemia è iniziata nella stagione secca in cui normalmente ci aspettiamo di vedere i casi diminuire, quindi non riponiamo troppe speranze in questo senso.
Il Paese è allo stremo: lo scorso anno siamo stati colpiti da cicloni devastanti, abbiamo lottato contro la poliomielite, e, proprio quando i numeri relativi al COVID19 stavano diminuendo, è arrivato il colera.
Dal 5 all’8 Marzo, a Kigali in Rwanda, si terrà l’AHAIC23 , la più grande conferenza sulla salute e lo sviluppo in Africa, in cui i più importanti leader ed esperti del settore discuteranno proprio sul futuro delle politiche sanitarie nel Continente.
L’AHAIC23 è sicuramente un’occasione importante per dar voce alle esigenze del nostro Paese, soprattutto in relazione al tema centrale di questa edizione, ovvero la resilienza dei sistemi sanitari Africani di fronte alle principali sfide contemporanee come il clima.
Il nostro sistema sanitario è ancora troppo fragile, mancano risorse, formazione e strutture capaci di garantire cure efficienti.
I fenomeni climatici estremi aggravano questa già precaria situazione, esponendo la popolazione a gravi rischi per la salute e impedendo un efficace lavoro di prevenzione.
La speranza è che un incontro di questa portata possa portare alla luce le criticità per affrontarle con soluzioni a lungo termine, alleviando il peso del susseguirsi di emergenze in cui da troppo tempo il Malawi riversa.
Questo è il nostro appello, la nostra speranza.