Alcuni mesi fa Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, metteva in guarda il mondo rispetto alla necessità di accelerare la distribuzione dei vaccini.
“In un mondo interconnesso come il nostro, nessuno è sicuro fino a quando tutti non saranno al sicuro” metteva in guardia Guterres.
Il mondo non ha ascoltato questo monito e un continente in particolare sta pagando il prezzo di questo impegno mancato: l’Africa.
Se i vaccini COVID-19 prodotti nel 2021 fossero stati distribuiti equamente, ogni paese del mondo sarebbe stato in grado di arrivare al 40% di copertura vaccinale entro la fine di settembre, l’obiettivo indicato dall’OMS.
Al contrario, molti paesi ad alto reddito stanno procedendo alla somministrazione della terza dose. Alcuni altri stanno pianificando la quarta. I paesi a basso reddito rimangono, invece, in gran parte non protetti, mettendo a rischio vite e creando le condizioni per l'emergere di nuove varianti come Omicron.
L’ingiustizia è particolarmente evidente quanto si guarda all’Africa.
A fine gennaio 2022, meno del 10% della popolazione africana è stata vaccinata completamente. Se però consideriamo che la definizione di “vaccinazione completa” è stata modificata per includere le dosi booster, il numero scende drasticamente a solo l’1%.
Ci sono alcuni segnali incoraggianti: le spedizioni verso l'Africa – (Africa Vaccine Acquisition Task Team, un'iniziativa dell'Unione Africana), e gli accordi bilaterali stanno aumentando. Le forniture diventano sempre più puntuali, ma restano insufficienti.
Sebbene l'offerta sia fondamentale, non è l'unica sfida per far crescere il numero di vaccinati.
In qualità di principale Ong sanitaria in Africa, vorremmo dai media un approccio più sfumato quando raccontano complesse sfide come questa.
Ecco cinque punti chiave che vorremmo vedere evidenziati più spesso negli articoli di giornale e nei reportage sulla pandemia in Africa.
1. COVID-19 è una delle tante malattie infettive presenti in Africa
Mentre scriviamo, il continente sta affrontando infezioni di degue, lassa, colera e morbillo.
Ciò rende ancor di più necessario aumentare la copertura vaccinale contro il COVID-19 in Africa, anche tra gli operatori sanitari in prima linea.
2. I paesi ad alto reddito, oltre ad aumentare le dosi che stanno inviando in Africa, devono impegnarsi a fornire dosi utilizzabili
Assistiamo a numerosi casi di nazioni ricche che si compiacciono del numero di dosi che hanno donato ai paesi meno ricchi.
I successi devono essere celebrati, ma è anche importante esaminare attentamente e in modo critico queste affermazioni.
In realtà, le nazioni ricche non hanno mantenuto i loro impegni. Delle dosi che sono state invitate, specialmente attraverso il meccanismo COVAX, molte scadono mesi o addirittura settimane dopo il loro arrivo nel paese di destinazione.
Ciò rende difficile per i governi e gli operatori sanitari distribuire le dosi in modo equo e mobilitare le comunità.
Aumentano in questo modo il rischio di sprechi e l'uscita di notizie negative che condannano i paesi africani che distruggono le dosi inutilizzate.
Un comportamento particolarmente irritante se pensiamo che il Regno Unito ha recentemente distrutto migliaia di vaccini di richiamo a causa della mancanza di domanda.
Al contrario, i paesi donatori devono impegnarsi nella condivisione di dosi con tempi di consegna più lunghi. Se non ci sarà un cambio di passo, i paesi beneficiari con sistemi sanitari già sovraccarichi, rischiano di fallire l’obiettivo.
3. I media dovrebbero raccontare meno superficialmente un problema così complesso
La responsabilità del programma COVAX si ferma alla consegna delle dosi.
Le sfide legate alla logistica, alle infrastrutture e alla conservazione impediscono ai vaccini di "compiere l'ultimo miglio" e di arrivare alla popolazione.
In molti paesi africani, pochissime strutture sanitarie sono attrezzate per somministrare il vaccino.
Miti e disinformazione provocano esitazione sui vaccini; molti operatori sanitari non hanno ricevuto la formazione di cui hanno bisogno per rispondere alle paure delle persone.
Può essere difficile garantire che le dosi siano conservate in modo sicuro e nelle condizioni corrette.
È difficile ottenere dosi per raggiungere regioni remote, soprattutto quando il tempo è essenziale e le date di scadenza sono troppo ravvicinate.
4. L’esitazione vaccinale è una sfida, ma non è l’unica, né l’ostacolo principale
Troppi resoconti giornalistici inquadrano l’esitazione come la causa principale della scarsa copertura vaccinale in Africa.
Pur essendo una sfida non solo in Africa ma in diverse parti del mondo, l'esitazione vaccinale non è il motivo principale per cui le persone non ricevono il vaccino.
Quello che riscontrano sul campo i nostri operatori è che, quando i vaccini sono disponibili, le persone si mettono in fila per riceverli.
La sfida sta nell'assicurare quelle dosi e poi nel portarle più vicine alle comunità: nei luoghi in cui le persone lavorano e svolgono le loto attività.
Il miglior testimonial di un vaccino è qualcuno che lo ha già ricevuto: quindi la mancanza di accesso ai vaccini alimenta solo esitazione.
Una persona che ha avuto un'esperienza positiva di vaccinazione può condividere quell'esperienza e incoraggiare gli altri.
Allo stesso modo, se qualcuno che vive in una zona remota cammina per diverse ore verso la struttura sanitaria più vicina – o spende quello che ha in trasporti – solo per scoprire che non ci sono vaccini disponibili, condividerà la sua delusione ed è probabile che non tornerà.
Combattere miti e disinformazione è una componente chiave di qualsiasi campagna vaccinale e gli operatori sanitari in prima linea sono una risorsa indispensabile.
5. L’ingiustizia nella distribuzione dei vaccini accende un faro sull'ingiustizia sanitaria globale
Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell'OMS aveva dichiarato: "Se mettiamo fine all'ingiustizia, metteremo fine alla pandemia".
Il COVID-19 ha messo in luce ed esacerbato le disuguaglianze nell'accesso all'assistenza sanitaria e ai servizi (non solo tra, ma all'interno dei paesi). Queste disuguaglianze hanno avuto un impatto devastante sulla distribuzione dei vaccini.
In tutto il continente africano (e in effetti in tutto il mondo), c'è iniquità non solo nell'accesso al vaccino, ma nell'accesso a informazioni affidabili sul vaccino.
La gestione dei casi è ostacolata dalla grave carenza di DPI e dalle limitate forniture di ossigeno.
Inoltre, i paesi africani stanno registrando un calo nella fornitura di altri servizi poiché gran parte delle risorse è stata dirottata verso la risposta alla pandemia e la gestione delle altre criticità.
I servizi di routine e salvavita come l'assistenza prenatale, i programmi di immunizzazione infantile, i test per l'HIV e i test e il trattamento della tubercolosi sono stati tutti colpiti.
Le conseguenze di questa interruzione le osserveremo anche dopo la fine della pandemia.
Dobbiamo pensare a cosa accadrà dopo il COVID-19 e rafforzare i sistemi sanitari in previsione della prossima emergenza sanitaria.
Anche se il COVID-19 scivola nell'agenda delle notizie, dobbiamo mantenere la pressione su coloro che hanno il potere di cambiare la traiettoria della pandemia.
Dobbiamo allontanarci dalla mentalità della scarsità che suscita paura e alimenta pratiche inutili come lo stoccaggio.